Olio extravergine: cosa significa davvero “spremuto a freddo”

Ci sono termini che usiamo spesso senza interrogarci davvero sul loro significato.Spremuto a freddo” è uno di questi. Lo leggiamo sulle etichette, lo associamo istintivamente alla qualità, alla bontà, alla genuinità. Ma quanti sanno cosa vuol dire esattamente? E, soprattutto, quanti sanno riconoscerlo sul serio?

Nel mondo dell’olio extravergine di oliva, le parole contano. Non sono decorazioni commerciali. Sono dichiarazioni tecniche e, in certi casi, garanzie di rispetto per la materia prima. Capire cosa significa davvero “spremuto a freddo” non è solo un esercizio linguistico. È il primo passo per imparare a distinguere un olio di valore da un prodotto costruito solo per il mercato.

È una distinzione che nel caso di un buon olio extravergine di oliva, ad esempio come quello prodotto da frantoi storici come Olio Barilese, si avverte chiaramente: tra chi lavora seguendo il ritmo della terra e chi insegue le quantità, la differenza si misura in ogni goccia.

Spremere non è il termine giusto

Cominciamo da qui. La parola “spremuto” è, per molti versi, fuorviante. Fa pensare a un gesto semplice, come quello del limone spremuto in cucina. In realtà, la lavorazione dell’olio è un processo meccanico complesso, che prevede passaggi precisi: frangitura, gramolazione, estrazione.

Non c’è nulla di manuale, in senso letterale, e nessuna pressione fisica. L’olio non viene “spremuto” nel senso comune del termine. Viene estratto, separando la parte oleosa dal resto della polpa d’oliva. Ma allora perché si dice “spremitura”?

Perché si richiama l’antico metodo della pressa tradizionale, dove le olive venivano effettivamente schiacciate con sistemi a pressione. Oggi si utilizza il termine in modo convenzionale, ma ciò che conta è come si fa, non come lo si chiama.

E il “freddo”? Non è un vezzo linguistico

La parte più importante dell’espressione è proprio “a freddo”.
Nel linguaggio tecnico, un olio può essere definito estratto a freddo solo se, durante tutto il processo di lavorazione, la temperatura non supera i 27°C.

Questa soglia non è arbitraria. È il limite oltre il quale molte sostanze volatili – aromi, polifenoli, vitamine – iniziano a degradarsi. Superarlo significa perdere intensità aromatica, ma anche parte delle proprietà nutrizionali per cui l’olio EVO è tanto prezioso.

Mantenere temperature basse è un atto di rispetto verso la materia prima. Significa non forzarla, non alterarne l’equilibrio, non sacrificarne la complessità per ottenere una resa più alta.
Sì, perché lavorare a freddo significa produrre meno olio per ogni quintale di olive. Ma è un prezzo che chi cerca qualità è pronto a pagare.

Non tutti lo fanno, ma molti lo scrivono

Il problema, come spesso accade, è che anche il termine “a freddo” viene usato in modo poco rigoroso. In teoria, per legge, solo gli oli ottenuti sotto i 27°C possono riportarlo in etichetta. Ma la realtà è più sfumata.

Molti oli industriali lo dichiarano, ma in fase di gramolazione raggiungono temperature più alte, pur restando formalmente entro i limiti. In alcuni casi, si parla addirittura di estrazione “a freddo” effettuata con macchinari che riscaldano leggermente la pasta per aumentare la fluidità e quindi la resa.

Chi invece lavora artigianalmente, chi segue davvero le regole della qualità, controlla ogni fase con attenzione. Sa che la temperatura è uno dei parametri più delicati dell’intero processo. E non accetta compromessi.

Perché è importante per il consumatore

Sapere se un olio è stato davvero estratto a freddo ha implicazioni concrete, non teoriche.
Un olio lavorato a basse temperature sarà più ricco di aromi, più stabile, più sano.
Avrà un profilo organolettico netto, pulito, intenso. E manterrà più a lungo le sue caratteristiche originali.

Quando lo assaggi, lo senti subito. Il profumo è verde, vegetale, fresco. Il gusto è pieno, dinamico, con una nota amarognola e una piccantezza che salgono insieme, in equilibrio.
Non è solo più buono: è più vivo.

Un olio estratto a caldo, invece, tende a essere più piatto, più dolce, meno complesso. Dura meno. E, spesso, si ossida più in fretta.

Come riconoscere se lo è davvero

La verità è che non sempre basta l’etichetta.
L’unico modo per sapere se un olio è stato veramente estratto a freddo è conoscere il produttore, capire il suo metodo di lavoro, avere accesso alle informazioni di filiera.

Oppure, farsi guidare dal palato e dall’olfatto. Un olio estratto bene non si nasconde: si sente.

Se hai la possibilità, assaggia oli diversi. Confronta un prodotto artigianale, fresco, con uno da scaffale. Provalo sul pane, a crudo. Lascia che parli lui.
Se dopo il primo assaggio ne vuoi ancora, sei sulla strada giusta.

Oltre la temperatura: una filosofia produttiva

Parlare di “spremitura a freddo” ha senso solo se inserito in un quadro più ampio di coerenza produttiva.
Un olio che dichiara di essere a freddo, ma arriva da olive raccolte troppo tardi, ossidate o stoccate per giorni, perde comunque buona parte del suo valore.

La temperatura, da sola, non basta. Conta la freschezza della materia prima, la tempistica di lavorazione, la cura nella conservazione.

Solo quando tutti questi elementi si tengono insieme si può parlare davvero di olio extravergine di alta qualità. Solo allora “spremuto a freddo” non è uno slogan, ma una promessa mantenuta.

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Sono uno scrittore e un giocatore, un buongustaio e un viaggiatore, un amante dei gatti e un fornaio dilettante.

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